La leucocitosi digestiva è una
reazione immunitaria che si sviluppa in seguito all'assunzione di un
cibo cotto; di conseguenza a tale azione il corpo risponde aumentando
il numero dei globuli bianchi, come se dovesse affrontare un pericolo
esterno. Dopo aver ingerito alimenti cotti, nell'arco di circa 30
minuti e per un tempo variabile fino a 2-3 ore, il nostro organismo
crea un picco leucocitario che invece, se ingeriamo cibi crudi o poco
cotti (a temperature molto basse, stimate tra gli 87° e i 97° a
seconda dell'alimento) e li mastichiamo con cura, è completamente
assente. Questo processo, ritenuto fisiologico, in realtà ci mostra
che il corpo considera e reagisce al cibo cotto come se dovesse
debellare un infezione; tale fenomeno assume caratteristiche
simil-leucemiche transitorie, e viste le noste abitudini alimentari,
che portano all'assunzione di alimenti cotti o stra-cotti anche per 3
o più volte al giorno, è legittimo ipotizzare che possano creare
problematiche nel lungo periodo (come ipotizzato dal medico svizzero
P. KOUCHAKOFF).
La combinazione di alimenti crudi e
cotti, secondo le giuste modalità, può ridurre o addirittura
eliminare, in certe condizioni, il sopravvenire della leucocitosi
post-prandiale.
Sinora abbiamo visto che la cottura
presenta numerosi svantaggi (soprattutto se fatta senza criterio),
quindi perchè ci ostiniamo a consumare cibi cotti? Benchè sia una
pratica principalmente dannosa, questa viene largamente utilizzata
per ragioni organolettiche, di commestibilità ed igieniche; ad
esempio i legumi se non cotti (o germinati) contengono molti fattori
antinutrizionali e tossici, così come le solanacee (pomodori e
peperoni verdi, melanzane, patate) contengono la solanina, un
pesticida naturale, che benchè non degradi sino ai 240° è
idrosolubile, quindi si diluisce parzialmente nell'acqua. Spesso
durante la cottura si formano sostanze aromatiche, come avviene ad
esempio nei prodotti da forno, che ne aumentano l'appetibilità;
inoltre, aiuta ad abbattere la carica microbica degli alimenti,
rendendoli in determinate circostanze meno pericolosi che da crudi.
Come abbiamo visto nell'articolo precedente, anche gli enzimi ne
vengono distrutti, rendendo gli alimenti più facilmente
conservabili, perchè blocca i loro processi di deperimento.
Oltre alle variazioni biologiche che la
cottura produce sui legumi, eliminando degli aspetti altrimenti
negativi nella loro assunzione, tale pratica produce anche altre
variazioni che in certi casi possiamo sfruttare, ad esempio: nei
pomodori attiva il licopene, un enzima anticancerogeno, mentre nelle
patate, la cottura aumenta la digeribilità e ne abbassa l'impatto
glicemico; i cereali, se non germogliati, non si possono consumare
crudi, e la lessatura se ben fatta permette di fruire di tutto il
loro valore nutrizionale, anche gli spinaci, se cotti, perdono
vitamine e folati ma liberano vitamina A e carotenoidi (poco
sensibili alla cottura).
Appurato tutto questo, consci del fatto
che dovremmo mangiare il più possibile alimenti crudi, e pochi
semi-cotti, analizziamo i diversi tipi di cottura, che sono:
bollitura, cottura al vapore, cottura in pentola a pressione, cottura
al forno, cottura al microonde, cottura alla griglia e alla piastra e
frittura, per verificare il loro impatto sui valori nutrizionali del
cibo.
La BOLLITURA si distingue innanzi tutto
nel quantitativo di acqua utilizzata, ovvero se ad immersione totale
o parziale dell'alimento; è adatta soprattutto per la preparazione
dei cereali e dei legumi, per i quali (legumi) tuttavia è bene
utilizzare una quantità di acqua contenuta per permetterne il
riassorbimento in cottura, in modo da reintegrare i principi
nutrizionali idrosolubili. Tra i vari metodi di preparazione risulta
quello con la massima perdita di nutrienti, in quanto benchè la
temperature sviluppata non sia accessiva, è sufficiente per la
distruzione della maggior parte delle vitamine termolabili, e la
presenza di molta acqua fa si che buona parte dei nutrienti
sopravvissuti si disciolgano in essa, arrivando a perdere sino
all'80% di determinati nutrienti (vitamina C in primis). Un modo per
limitare questo inconveniente è quello di riutilizzare l'acqua di
cottura, ad esempio per un brodo.
La COTTURA AL VAPORE può essere
incoronata, probabilmente, come il miglior compromesso in assoluto,
in quanto più facilmente contenibile in gradazione (prevenendo la
leucocitosi e parzialmente la termolisi vitaminica) e, evitando il
contatto diretto con il liquido di cottura, elimina la problematica
dell'idrolisi. Può essere fatta anche in pentola a pressione, ma in
tal caso si punta al guadagno in tempistica, riducendo la perdita
dovuta ai tempi di cottura maggiori, a discapito però della
temperatura, provocandone un innalzamento che produrrà la famigerata
leucocitosi digestiva e il rischio di ulteriori modificazioni
termiche.
La COTTURA IN PENTOLA A PRESSIONE è la
migliore per ritenzione vitaminica, in quanto l'accorciamento dei
tempi di cottura dovuto alla temperatura maggiore fa si che si abbia
una perdita inferiore, soprattutto per quanto concerne la vitamina C,
la più delicata. In generale, la riduzione dei tempi di cottura
aiuta nel contrastare la degradazione nutrizionale data dai tempi di
cottura più prolungati degli altri metodi.
La COTTURA AL FORNO crea una patina
esterna all'alimento che da il via al processo di carbonizzazione
superficiale, con la formazione di composti tossici; per questo
motivo è utile abbassare la temperatura appena compare la
"crosticina" e continuare ad inumidire l'alimento, in modo
da contenere lo sviluppo di queste sostanze. L'aspetto positivo di
questo metodo è che tale patina previene la fuoriuscita dei
nutrienti, lasciando al degenero solo le vitamine più termolabili
(quelle del gruppo B in particolare), ma mantiene tutte le
problematiche della cottura ad elevata temperatura.
La COTTURA AL MICROONDE porta ad una
perdita di nutrienti direttamente proporzionale a tempi e temperature
di cottura; inoltre, diversi studi mettono in guardia dagli effetti
della cottura a microonde sugli alimenti, sia per la formazione di
composti radiolitici (dalle possibili caratteristiche tossiche) che
per la mancanza di omogeneità nella cottura (mancanza di distuzione
microbica a discapito della distruzione nutrizionale ed enzimatica).
La COTTURA ALLA GRIGLIA è un metodo ad
alto rischio per diverse ragioni, quali il controllo della
temperatura e la formazione di bruciature localizzate; con questa
tipologia di cottura si sviluppano sempre acrilamide e gli
idrocarburi policiclici aromatici, tutte sostanze tossiche e
cancerogene. Meglio la cottura alla piastra che aiuta ad avere un
maggior controllo ed evitare le carbonizzazioni.
Il problema dell'acrilamide non riguarda purtroppo solo la cottura alla griglia, ma anche quella alla piastra, al forno e la frittura, in quanto si sviluppa ad una temperatura superiore ai 120°, raggiunta da tutti questi metodi di cottura.
Il problema dell'acrilamide non riguarda purtroppo solo la cottura alla griglia, ma anche quella alla piastra, al forno e la frittura, in quanto si sviluppa ad una temperatura superiore ai 120°, raggiunta da tutti questi metodi di cottura.
La FRITTURA è un metodo di cottura
molto delicato, in quanto bisogna stare attenti a non raggiungere il
punto di fumo del grasso utilizzato; inoltre le temperature di
esercizio, superiori ai 150°, fanno si che tutte le problematiche
termiche si presentino. Per assurdo, non essendo la vitamina C
liposolubile, questo metodo di cottura la preserva maggiormente della
bollitura...
In conclusione, abbiamo un grande
ventaglio di opzioni disponibili per cercare di migliorare e
coniugare le nostre usanze e preferenze alimentari con quelle più
salutari; la nostra alimentazione dovrebbe essere composta in
percentuale maggiore da alimenti crudi piuttosto che cotti (almeno
per i 2/3), ed è questo l'obiettivo da perseguire, per il benessere
del nostro corpo e non solo.
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