lunedì 2 febbraio 2015

IL MEDIOEVO ALIMENTARE: VEG-ANEMIA

"Hai l'anemia? Allora devi mangiare la carne di cavallo!"
Quante volte avete sentito questa storia? Chiunque si sia trovato in carenza di ferro ha dovuto sorbirsi questa "diagnosi" dal proprio medico curante, salvo rari ed eccezionali casi; ma è la verità? Ovviamente no, o meglio, è anche vero che la carne è fonte di ferro, ma questo non ne priva tutti gli altri alimenti, anzi; alcuni alimenti vegetali non solo sono ricchi di ferro, ma altresì di un gran numero di altri nutrienti benefici, a differenza degli alimenti di origine animale, che presentano sempre al nostro organismo un conto molto salato per i pochi servigi offerti.
Tra il ferro presente nella carne ed il ferro presente nei vegetali vi è una sostanziale differenza, che porta, insieme ad altri motivi ben lungi da quello salutistico (in primis il grande mercato che accompagna l'industria della carne), a consigliare la prima ed ignorare i secondi; questa differenza si identifica nel "suffisso" EME.
Il FERRO EME è il ferro più biodisponibile, legato alle emoproteine muscolari e presente esclusivamente negli alimenti di origine animale (tranne che nei latticini), dove costituisce fino al 50% del ferro presente; sotto questa forma viene assorbito indipendentemente dagli altri elementi presenti.
Il FERRO NON EME è il ferro tipico dei vegetali (costituisce anche la restante parte del ferro presente negli alimenti animali), inorganico e meno biodisponibile, può trovarsi sotto forma di due differenti ioni, Fe2+ ferroso o ferro bivalente e Fe3+ ferrico o ferro trivalente; tra le due, la forma bivalente viene assorbita più facilmente. Attraverso il transito nello stomaco, i succhi gastrici favoriscono la riduzione dello ione Fe3+ in Fe2+ , questo comporta che in caso di alterazione dei processi digestivi e della composizione e secrezione dei succhi gastrici, l'assorbimento del minerale risulta ridotto.
Per riassumere, il ferro eme (animale) è maggiormente biodisponibile del ferro non eme (vegetale), che a sua volta si divide in ione Fe2+ , meglio assimilabile, e Fe3+ , meno assimilabile; questo porta a definire le seguenti percentuali di assorbimento da parte del nostro organismo: 2-10% del ferro fornito dai vegetali (non eme) e 10-30% di quello fornito dalle carni (sommando eme e non eme).
Tuttavia, tali discorsi non tengono in considerazione che vi sono diversi fattori concorrenti all'assorbimento di questo prezioso minerale, e che grazie a questi si possono sviluppare o debellare eventuali carenze, indipendentemente dalla forma nella quale lo si assume; ad esempio la vitamina C (acido ascorbico) e l'acido citrico contrastano l'ossidazione dello ione ferro, mantenendolo in forma bivalente ed aumentandone di molto la biodisponibilità. Il corpo moltiplica le sue capacità di assorbimento quando si trova in una condizione di carenza, cosa che avviene anche durante la gestazione, ed in queste situazioni l'assorbimento può arrivare anche a triplicarsi; in sostanza, più ferro abbiamo e meno ne assorbiamo, e viceversa. Anche l'attività fisica incide positivamente sulla sua assimilazione. In termini assoluti, la concentrazione di ferro nei vegetali risulta spesso maggiore di quella presente negli alimenti animali, ciononostante, per la sua natura interattiva con gli altri nutrienti, finisce per essere vittima di cattive abitudini che ne pregiudicano la resa, in particolare:
- I fitati e gli ossalati, di cui sono ricchi specialmente legumi, cereali integrali, spinaci e cacao, inibiscono l'assorbimento del ferro; per ovviare a questo problema è utile ridurne i livelli attraverso la germinazione, la lievitazione o la messa a mollo, così da ridurre la loro azione negativa, mentre per gli spinaci è utile aggiungere del succo di limone prima di consumarli.
- Dosi elevate di calcio e fosforo, latticini in primis, riducono considerevolmente l'assorbimento del ferro, così come alte presenze di zinco, perchè questi minerali competono tra loro.
- I tannini, presenti nel vino rosso, nel tè, nel caffè e nel cioccolato, influenzano negativamente l'assimilazione del ferro, pertanto è consigliabile assumerli lontano dai pasti; questi alimenti contengono inoltre polifenoli, che si legano al ferro rendendo ulteriormente più difficile per il corpo fruirne.
- Farmaci e condizioni patologiche che vanno ad influire sui succhi gastrici e sulla loro composizione, come ad esempio farmaci antiacidi, antibiotici, ipocloridria, sindrome di malassorbimento e dissenteria.
Per concludere, è un assunto completamente errato quello che per guarire dall'anemia, o per prevenirla, si debba necessariamente ricorrere alla carne, anzi, il fatto che bisogni seguire dei semplici accorgimenti per ottenere un congruo assorbimento di ferro dai vegetali finisce col responsabilizza il proprio stile alimentare, donando all'organismo una quantità superiore e ampiamente migliore di nutrienti, ed evitando le inesorabili problematiche legate al consumo della carne.


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